Elenco blog personale
sabato 30 ottobre 2010
O TEMPORA! O MORES!
SOLIDARIETA' AL CONSIGLIERE VIGNOLA E AL CONSIGLIO COMUNALE, OFFESO NELLA SUA DIGNITA'.
giovedì 28 ottobre 2010
CONTRO TUTTE LE MAFIE
domenica 24 ottobre 2010
DIRETTIVO
Ordine del giorno: assetto segreteria, tesseramento e nuove iniziative politiche.
VELTRONI AD AVELLINO

CAMBIARE SI PUO' !!!
sabato 9 ottobre 2010
CHE POLITICA!
Nel corso del Consiglio Comunale del 23 settembre u.s. il Sindaco ha annunciato che, insieme ai suoi sodali, si sta preparando all’ennesimo salto della quaglia.
Chissà quale crisi di coscienza, quale tormento politico culturale, quale passione politica li spinge a prendere una decisione così seria! Forse gli stessi sentimenti che nel 2006/2007 li hanno già indotti ad abbandonare il centrodestra (che era all’opposizione) per abbracciare il centrosinistra (che era al Governo) !!!
I cittadini, però, si chiedono: quali interessi portano questi personaggi a cambiare continuamente bandiera?
Intanto Solofra affonda nei suoi problemi!!
La raccolta differenziata è stata colpevolmente abbandonata e le strade sono invase dai rifiuti, mentre i cittadini continuano a pagare per un servizio inesistente.
Il rione Toppolo con le sue antiche concerie, privo di qualsiasi piano di rinascita e di sviluppo, giace nell’abbandono e nel degrado igienico-sanitario.
Il parco San Nicola e il parco Sorbo sono serviti solo per sprecare miliardi di danaro pubblico, visto che sono inutilizzati e invasi da erbacce e sterpaglie.
Il monastero di Santa Chiara, da tempo ristrutturato grazie ai fondi della Regione, resta chiuso senza un progetto concreto di destinazione d’uso.
La viabilità è nel caos considerata l’assenza di parcheggi e di un piano traffico.
La realizzazione del nuovo Piano Urbanistico Comunale è una perenne presa in giro per la cittadinanza, dato che si temporeggia in attesa di elezioni per svendere il territorio con nuove promesse.
Le aziende conciarie, in seguito alla crisi del settore, continuano a chiudere ma l’Amministrazione Comunale non promuove una concreta prospettiva di diversificazione economica per far sorgere, negli opifici conciari dismessi, nuove attività produttive o commerciali che rilancino l’occupazione.
Invece di accorpare le tre società comunali per ridurre le spese di gestione e migliorare l’efficienza dei servizi si preferisce svendere rami d’azienda, come nel caso dell’imminente cessione della gestione della rete del gas, con ulteriore danno economico per le casse cittadine.
Gli sprechi aumentano con aggravio di spese sul bilancio comunale mentre ai cittadini si chiedono ancora sacrifici con nuovi balzelli.
Il tandem Guarino - Moretti, in dispregio della dignità del voto dei cittadini, persevera nell’inciucio ai danni del paese per conservare il potere e continuare con la vecchia politica.
Pretendono di governare Solofra senza aver avuto il mandato popolare per farlo!
Se vogliono amministrare la Città si devono dimettere e sottoporre insieme al giudizio degli elettori.
Solofra, 30 settembre 2010
Circolo di Solofra
martedì 13 luglio 2010
Intervento di Luigi Troisi al Convegno di ieri sera

Intervento Conferenza contro la Manovra Economica del Governo
Vorrei condividere con voi la rabbia e la frustrazione che un giovane come me prova nel guardarsi intorno e nel trovarsi immerso in un mare di mediocrità, provocato dalla schiacciante superiorità dell’anticultura impostaci da questa destra, privato della speranza di un futuro migliore dalle scelte reazionarie e populiste di un governo che ha come unico obiettivo la ricerca del consenso nel presente, per sbrigare con maggiore comodità i suoi sporchi affari. Questa situazione, questo contesto, è stato costruito scientificamente, con precisione disarmante. Questa politica di destra ci vuole tutti più ignoranti, le sue politiche ultra-conservatrici esigono che chi ha potere perseveri nella sua opulenza, continuando a scorazzare impunito nell’oceano di corruzione ed immoralità che pervade quasi ogni anfratto del nostro paese. Quale soluzione migliore esiste, dunque, per ottenere tutto ciò, se non quella di devastare scuola pubblica, università, ricerca, e cultura, bombardando tramite la televisione, notte e giorno, i cittadini con messaggi stracolmi di ignoranza? E’ triste dirlo ma la loro strategia sta ottenendo un successo dilagante. L’istruzione non riesce più ad offrire un bagaglio culturale capace di trasformare il ragazzo in cittadino, uccidendo così ciò che resta della cosidetta “opinione pubblica”. I fondi destinati alle scuole private, d’altro canto, permettono a chi ha ampie facoltà economiche di continuare a formare classe dirigente dominante, allargando a dismisura la già enorme forbice fra chi ha tanto, e chi non ha nulla. E’ questa, a mio parere, la causa della mancata ribellione contro un governo che ci sta distruggendo fisicamente e moralmente. L’opinione pubblica è addormentata, stordita. Non riesce a rendersi conto della tragedia in atto. E partendo da questo presupposto il governo può continuare impunemente nella sua azione mirata a salvaguardare gli interessi della sua stretta cricca. E giù di legittimo impedimento, intercettazioni, lodo alfano esteso anche all’eccidio. Tutto ciò nell’indifferenza generale. Ed il Partito Democratico? Sono pienamente consapevole delle difficoltà esistenti nel fare opposizione in un paese dove chi governa ha un controllo pressochè totale dell’informazione di massa. Bisogna quindi cambiare le marce, alzare la voce, gridare con la bava alla bocca all’Italia che è ora di svegliarsi, di scuotersi da questo torpore che la sta mandando allo scatafascio. Sono convinto che di questo passo noi non riusciremo a cambiare questa triste situazione, non riusciremo più a scuotere i cuori dei cittadini, ormai refrattari alle speranze. Urge una riscossa popolare, che coinvolga insegnanti, ricercatori, giovani, imprenditori, operai, impiegati, affinchè anche l’Italia possa tornare a respirare aria di modernità, ed il Partito Democratico deve essere in grado di guidare questa riscossa. Abbiamo il dovere di provarci, altrimenti rassegnamoci ad una deriva plebiscitaria quasi impossibile da ribaltare. Grazie.
DDL INTERCETTAZIONI
Il governo italiano deve "abolire o modificare" il progetto di legge sulle intercettazioni perché "se adottato nella sua forma attuale può minare il godimento del diritto alla libertà di espressione in Italia". Lo ha detto il relatore speciale dell'Onu sulla libertà di espressione, Frank La Rue, in un comunicato.
Intervento di Francamaria Pandolfelli al convegno "Contro la manovra, per un Sud protagonista".

Solofra, 12 luglio 2010 - Sala maggiore Palazzo Ducale Orsini.
Buonasera a tutti permettetemi di ringraziare di cuore l’ONOREVOLE SERGIO D’ANTONI, che ci ha onorato con la sua presenza, e tutti i miei amici che sono in SALA.
Il tempo è prezioso, per questo cercherò di essere breve.
Questa sera si discute sul tema dell’ASSURDA manovra economica predisposta dal governo e che allarga sempre di più la distanza tra nord e sud.
Questo governo non vuole capire che per salvarci da questa crisi economica deve investire sul MEZZOGIORNO D’ITALIA, sulle FASCE PIU’ DEBOLI, sui GIOVANI. Invece di indebolirci con tagli alla CULTURA, alla RICERCA.
Io sono una studentessa e come molti studenti sento E VIVO l’incertezza del futuro, e credo che ormai per la nostra generazione la pensione sarà SOLO un’ utopia.
Ogni qualvolta mi guardo intorno vedo i miei amici, che pur avendo tutte le carte in regola per diventare qualcuno, andarsene, abbandonare le famiglie, costretti a svendere o REGALARE la loro intelligenza ad altri, perché qui non hanno possibilità di lavorare o perché in alcuni settori vige il CLIENTELISMO.
Ancora oggi dall’esecutivo non ho visto un solo provvedimento per le zone più deboli del mezzogiorno, si è parlato di PIANO SUD ,BANCA PER IL SUD, AIUTI alle imprese ma sono rimaste parole, non dimentichiamo il furto di 30miliardi di fondi FAS dirottati dal sud verso il nord.
Nonostante tutto ho deciso di restare. Ho deciso di lottare cercando di distruggere l’omertà che riecheggia in questo paese. SPERANDO sempre che tutti NOI restiamo UNITI.
STIAMO DIVENTANDO UN MONDO SENZA IDEALI e in questo mondo abbiamo bisogni di recuperare e saper trasmettere quello che i nostri padri costituzionali ci hanno lasciato.
Basta alle violenze rivolte ogni giorno alla nostra carta costituzionale.
Essa è e deve restare la nostra GUIDA. Solo nel momento in cui decidiamo di rispettarla, diventeremo il paese più civile del mondo.
Vi voglio lasciare con una frase del discorso di PIERO CALAMANDREI ai giovani
“SE VOI VOLETE ANDARE IN PELLEGRINAGGIO NEL LUOGO DOVE è NATA LA NOSTRA COSTITUZIONE,
ANDATE IN MONTAGNA DOVE CADDERO I PARTIGIANI, ANDATE NEI CARCERI DOVE FURONO PRIGIONIERI, NEI CAMPI DOVE FURONO IMPICATI. DOVUNQUE è MORTO UN ITALIANO PER RISCATTARE LA LIBERTA’ E LA DIGNITA’ ANDATE, LI’ O GIOVANI, COL PENSIERO, perché Lì è NATA LA NOSTRA COSTITUZIONE”.
HANNO DATO IL SANGUE E LA VITA PER AVERE DIRITTI NOI NON POSSIAMO CHE RICAMBIARLI CERCANDO DI NON FARCELI TOGLIERE.
SERGIO D'ANTONI A SOLOFRA
ANCORA SUL NOSTRO CONVEGNO

PD A SOLOFRA
D’Antoni:
La vera ricchezza del Paese sono i giovani del Sud
Solofra. “La generazione in discussione oggi la troviamo al Sud ed è fatta di giovani preparati, diplomati e laureati, che emigrano altrove. Chi se ne va dalle Regioni del Mezzogiorno non ha più nessuna volontà di tornare indietro. Il risultato? I deboli continue-ranno a finanziare i forti del Paese. Se perdiamo per sempre questi giovani, perdiamo la possibilità di fare sviluppo e in futuro ci ritroveremo a fronteggiare sempre più grosse lacune.”
Così, l’esponente parlamentare del Pd e già leader della Cisl, Sergio D’Antoni, interve-nuto presso Palazzo Orsini a Solofra per il convegno organizzato dal Pd solofrano e irpino dal titolo Contro la manovra del Governo per un Sud protagonista.
Il dibattito ha visto la partecipazione al tavolo dei relatori del sindaco di Avellino Pino Ga-lasso, del coordinatore provinciale del Pd Caterina Lengua, del dirigente nazionale del Pd Franco Vittoria, della dirigente regionale Maria Luisa Guacci, del senatore del Pd Enzo De Luca e del coordinatore del circolo del Pd di Solofra, Alessandro Maffei.
Presenti nella sala maggiore del palazzo municipale di Solofra, tra gli altri, anche Toni Ricciardi, Gaetano Bevere, Enzo Venezia, Franco Iovino, Gerardo Adiglietti, Vincen-zo Testa, Michele Vignola, Enzo Clemente, Tonino Festa, Angelo Sari, Carmine Ra-gano, Francesco Barra e Franco Fiordellisi.
Non usa giri di parole l’ex sindacalista quando, parlando della manovra, a chiare lettere di-ce che il Governo vuole cancellare il Mezzogiorno.
“Partiamo da un dato di fatto - spiega D’Antoni. Negli ultimi 9 anni, Berlusconi è stato al potere per ben 7 anni. Ha avuto tutto il tempo per produrre una capacità di sviluppo e cre-scita, ma non l’ha saputo fare o voluto fare. Sono stati questi gli anni della decrescita, dove l’Italia è diventato il paese europeo che ha pagato il prezzo più alto della crisi. La distribuzione della ricchezza è stata solo a vantaggio di chi era già forte. Un Pa-ese vero dovrebbe colmare le distanze tra le fasce sociali; solo così si cresce in ricchezza, si aumenta la giustizia sociale e si può competere a livello mondiale”.
Secondo D’Antoni, la politica antimeridionalista di Berlusconi è iniziata sin dal giorno suc-cessivo alle elezioni di due anni fa: “È il Sud del Paese ha fatto vincere il centrodestra alle politiche nel 2008 ed ha affidato quei voti all’asse Berlusconi-Tremonti-Bossi che soltanto il giorno dopo le elezioni hanno cominciato a lavorare contro quelle stesse persone che li hanno portati al potere. La loro prima azione, infatti, è stata quella di togliere a chi aveva di meno per dare a chi ha di più, aumentando il gap tra Nord e Sud. Hanno pensato di can-cellare il Mezzogiorno, puntando solo sul Nord, su uno schema che non funziona e che non ci farà uscire dalla crisi.
Quale allora la via d’uscita dalla crisi?
“Se non cresce la ricchezza - aggiunge D’Antoni - aumenta il debito pubblico. La ricetta per uscire dalla crisi è puntare sullo sviluppo e sui centri deboli del Paese, sul Mezzogior-no, poiché una parte della nazione è ormai satura. Un tempo avevamo i Fas, Fondi per le aree sottosviluppate, oggi Fas diventato acronimo per ˜fondo aiuto settentrione”. La corru-zione in questo Paese è nazionale ma si pensa soltanto a togliere i soldi alle classi dirigen-ti del Sud. Il vero cialtrone è Tremonti perché non ha nessuna idea di sviluppo per in-tere generazioni di persone del nostro paese. L’idea di futuro per l’Italia è ripartire dal Sud. Noi come Pd possiamo opporci all’ antimeridionalismo del Governo attraverso l’unità del partito e tenendo conto delle distanze che ci sono tra Nord e Sud.”
Manovra ma non solo. A precedere gli interventi di D’Antoni sono state anche le relazioni degli esponenti dei democratici solofrani, i giovani Luigi Troisi e Francamaria Pandolfelli, e dei rappresentanti del polo industriale conciario che hanno sottolineato il difficile momento del comparto industria in Irpinia. Come Angelo Sari di Confindustria che alla politica, senza distinzione di partito, ha chiesto un aiuto concreto per il distretto di Solofra, o come Enzo Clemente che ha bollato la manovra in via di discussione a Roma come irricevibile per il polo conciario. “La manovra economica è solo un tappabuchi di conti pubblici che il Go-verno ha causato da quando si è insediato - ha spiegato Vignola - una manovra che non dice niente per i poli industriali del Sud, che non ha fatto nulla per Solofra.”
Sulla manovra economica e sugli effetti più in generale che essa produrrà nei contesti del Mezzogiorno, si è soffermata il segretario provinciale del Pd. “Con questa manovra - ha af-fermato Caterina Lengua - il governo ha fatto un ulteriore passo per amplificare il divario tra nord e sud, lasciando il Mezzogiorno allo sbando. Questa è una manovra di solitari che peserà soprattutto sugli Enti locali che si ritroveranno in difficoltà per gestire le esigenze primarie delle comunità . Credo che la vera cialtroneria sia stata quella di avere annuncia-to un piano di sviluppo per il Sud che non si è mai realizzato, l’ennesima pura manifesta-zione di irresponsabilità di questo governo che è servita solo a fare campagna elettorale. Questo richiede un sussulto di responsabilità per evitare la deriva verso la quale questo Governo ci sta portando.”
I giovani del Sud come speranza per il futuro. “Quello che sta accadendo - ha riferito Fran-co Vittoria - rischia di far venir meno tutta una generazione, quella della depressione, pre-sa dall’incertezza verso il futuro. Questo è l’effetto vero della manovra. Dobbiamo rimette-re in piedi una nuova resistenza democratica, saper dire di no e fare proposte, ripartendo dal Sud, perché l’Italia ha bisogno del Sud per rilanciarsi in Europa. In questa provincia dovremo essere capaci di mettere insieme partiti, istituzioni e sindacati, per capire se ci sarà una terza crescita economica, dopo quella degli anni ‘60 e del post sisma, per vince-re la sfida della tecnologia.”
“Come Pd - ha poi concluso De Luca - dobbiamo recuperare quel coinvolgimento in grado di sollecitare la partecipazione della società civile. Nonostante tutte le sue contraddizioni, il Pd è l’unico luogo dove ancora si discute, dove ci sono energie, dove non c’è autorefe-renzialità . Il Sud sarà capace di ritrovare il proprio orgoglio? Questa è la sfida vera che si vincerà soltanto se sapremo dare risposte in termini di sviluppo, criminalità , risorse e par-tecipazione.”
(IRPINIA NEWS - lunedì 12 luglio 2010 alle 22.06)
CONVEGNO CON D'ANTONI

A Solofra, convegno organizzato dal Circolo PD
SERGIO D’ANTONI A SOLOFRA:
“RIPARTIAMO DAL SUD PER USCIRE
DALLA CRISI ECONOMICA”
SOLOFRA, 13 luglio 2010.
Si è svolto nel pomeriggio di ieri a partire dalle ore 18.30, a Solofra presso la Sala Maggiore di Palazzo Orsini, l’incontro-dibattito “Contro la manovra del Governo per un Sud protagonista”. L’iniziativa è stata promossa dal Coordinamento Provinciale del Pd, dal Circolo territoriale di Solofra e dal Network le Centoirpinie.
All’incontro hanno preso parte Alessandro Maffei - segretario circolo Pd Solofra - Enzo Clemente - capogruppo Pd Solofra - Michele Vignola - direzione provinciale Pd - Cate-rina Lengua – segretaria provinciale Pd - Franco Vittoria - direzione nazionale Pd - Ro-setta D’Amelio - consigliere regionale - Enzo De Luca – senatore. A moderare i lavori ha provveduto Marialuisa Guacci, della direzione regionale del Pd, mentre le conclusio-ni sono state affidate all’on. Sergio D'Antoni.
Ed è stata una lunga analisi su quelli che sono i problemi che affliggono il Paese, quella svolta da D’Antoni che ha sottolineato: «Bisogna ripartire dal mezzogiorno per aiutare l’Italia ad uscire dalla crisi». E non sono mancate nelle sue parole stoccate nei confron-ti del Popolo della Libertà campano, soprattutto a margine dei recenti fatti che stanno “animando” la giunta di Palazzo Santa Lucia.
E duro l’attacco di D’Antoni sulla questione dei fondi FAS «è inaccettabile - ha detto - che un governo premi le aziende del Nord fuori legge dando loro i fondi destinati al Sud. Questo - ha concluso - è un governo di illegalità».
Così invece, Franco Vittoria che intervenendo ha evidenziato: «Il tasso di disoccupa-zione è giunto al 30% in Italia ed un giovane su due risulta essere senza lavoro. E’ evi-dente che dalla crisi economica si arrivi in questo modo alla crisi sociale».
«Non si possono non citare poi le problematiche del Sud - ha proseguito Vittoria. Si parlava fino a qualche tempo fa di Banca del Sud, ora non se ne parla più, e nemmeno si parla di interventi specifici. Il dibattito che si è aperto è di natura squisitamente teo-rica».
«Purtroppo - ha aggiunto Vittoria - la manovra, dopo i tagli a comuni e regioni, sta mettendo a dura prova la ricerca, il sapere e quella “generazione-depressione” che o-ramai è priva di qualsiasi futuro».
giovedì 8 luglio 2010
CONTRO LA MANOVRA FINANZIARIA DEL GOVERNO

Pd - "Contro la manovra, Sud protagonista": D’Antoni a Solofra
Si terrà lunedì, 12 luglio alle ore 18.30, a Solofra presso la sala Maggiore di Palazzo Orsini, l’incontro-dibattito Contro la manovra del Governo per un Sud protagonista. L’iniziativa è stata promossa dal Coordinamento Provinciale del Pd, dal Circolo territoriale di Solofra e dal Network le Centoirpinie. All’incontro prenderanno parte Alessandro Maffei - segretario circolo Pd Solofra - Enzo Clemente - capogruppo Pd Solofra - Michele Vignola - direzione provinciale Pd - Caterina Lengua segretaria provinciale Pd - Franco Vittoria - direzione nazionale Pd - Rosetta D’Amelio - consigliere regionale - Enzo De Luca senatore.
Modera i lavori Marialuisa Guacci direzione regionale Pd mentre le conclusioni saranno affidate all’on. Sergio D'Antoni.
IRPINIANEWS (mercoledì 7 luglio 2010 alle 12.07)
martedì 6 luglio 2010
ADDIO BRANCHER(Finalmente!!!)

Il ministro del nulla, Aldo Brancher, si è dimesso. Non si sa bene da cosa, visto che le deleghe non le conosce nemmeno lui, però si sa bene il perché: evitare il voto di sfiducia alla Camera che aveva chiesto il PD.
Il passo indietro di Brancher non servirà a salvare il governo dalla palude.
Enrico Letta, vicesegretario del PD, ha evidenziato come le contraddizioni in seno alla maggioranza stiano "esplodendo" mentre Bersani ha lanciato un avvertimento:
Se non sono in grado di governare, insomma, la palla deve passare al Quirinale.
Il “Ministro del nulla”, non rischia la sfiducia alla Camera e rinuncia alla carica.
Bindi: “Le dimissioni confermano una maggioranza allo sbando”.
Franceschini: "Vittoria politica. Al di là dei numeri e dei rapporti di forza in parlamento possiamo ottenere risultati importanti".
lunedì 5 luglio 2010
MA LE RISPOSTE DOVE SONO?
A detta dei democratici al primo manifesto, dai contenuti politici, il sindaco ha risposto con un linguaggio che squalifica e discredita il ruolo istituzionale che ricopre. L’intento, subdolo, è quello di zittire l’opposizione e intimidire la pubblica opinione. Ma quali risposte ha dato il sindaco alle nostre domande? Nessuna.
Il manifesto dei democratici termina con la frase:
Ai cittadini garantiamo che non ci lasceremo intimidire da scomposte reazioni e continueremo a parlare il linguaggio della verità, nell’esclusivo interesse di Solofra, affinché tutti possiamo risentirci protagonisti in una Città dinamica e laboriosa, rispettosa dei diritti e delle libertà , consapevoli dei propri doveri, lontana da mistificatori e voltagabbana.
domenica 4 luglio 2010
Per la crescita, per l’equità, per il lavoro
Premessa
La manovra di finanza pubblica in discussione al Senato (il decimo intervento correttivo in due anni di governo), è dovuta alle scelte elettorali ed agli errori di politica economica compiuti dal Governo Berlusconi negli ultimi due anni. Per valutare l’impatto di scelte ed errori, va ricordato che il Governo Berlusconi, a maggio 2008, ha ereditato un quadro di finanza pubblica ricondotto su binari di sostenibilità, dopo il deragliamento causato dal Ministro Tremonti nel periodo 2001-2006. Infatti, il Governo Prodi a maggio 2006 trovò una procedura di infrazione aperta dalla Commissione Europea per deficit eccessivo e un debito pubblico in risalita dopo 13 anni di calo. Dopo due anni, il centrosinistra consegnò al Governo Berlusconi-Tremonti un bilancio pubblico con un saldo primario strutturale al 2% ed un debito ricondotto in discesa. La forza del risanamento avviato è documentata dal risultato di indebitamento 2008: nonostante la contrazione dell’economia (-1%), l’assenza di interventi correttivi in corso d’anno e l’abbandono della lotta all’evasione, il deficit 2008 si è fermato al 2,7% del Pil.
Tra le cause elettorali della manovra, ricordiamo le principali:
a. l’eliminazione delle misure di contrasto all’evasione fiscale introdotte dal Governo Prodi e il dimezzamento delle sanzioni per l’evasione accertata;
b. il “salvataggio” dell’italianità di Alitalia;
c. la completa eliminazione dell’Ici sulla prima casa per i nuclei familiari a reddito e patrimonio più elevato;
d. gli incentivi fiscali al lavoro straordinario quando già; incominciava a moltiplicarsi il ricorso alla Cassa Integrazione;
e. la riduzione delle compensazioni fiscali alle banche per le perdite su crediti inesigibili in una fase segnata dalla contrazione dell’offerta di liquidità alle piccole imprese.
Tra gli errori, vanno iscritti i seguenti:
a. i tagli orizzontali e ciechi, e pertanto inefficaci, alle spese di funzionamento delle pubbliche amministrazioni senza alcun disegno di riorganizzazione complessiva di ciascuna macchina amministrativa;
b. l’abbattimento delle spese per investimento sia delle pubbliche amministrazioni centrali sia degli enti territoriali a causa di un Patto di Stabilità Interno indifferenziato;
c. l’utilizzo delle risorse per le aree sottoutilizzate (Fas) per coprire ogni genere di spesa corrente;
d. il rinvio delle riforme strutturali al dopo crisi;
e. l’assenza di interventi a sostegno del reddito dei disoccupati “atipici”;
f. le ritardate e deboli misure per il rafforzamento dei fondi di garanzia per il credito alle micro, piccole e medie imprese;
g. il mancato pagamento di parte dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese;
h. le retromarce sulle principali liberalizzazioni messe in campo nella scorsa legislatura;
i. l’abbandono del “monitoraggio attivo” sull’andamento dei prezzi di beni e servizi fondamentali per il potere d’acquisto delle famiglie (dai prodotti petroliferi, alle polizze assicurative);
j. l’aumento delle tariffe di importanti servizi pubblici per fare cassa (dai servizi postali all’acqua, dall’elettricità al trasporto ferroviario);
k. l’eliminazione di rilevanti detrazioni Irpef (ad esempio, le detrazioni per l’acquisto degli abbonamenti dei pendolari, le detrazioni per le spese di aggiornamento degli insegnanti) e l’aumento di imposte e tasse (dall’assenza di compensazione del fiscal drag alla tassa sulle memorie virtuali presenti in tutti i dispositivi elettronici);
l. lo svuotamento dei crediti d’imposta alle imprese per la ricerca e lo sviluppo e agli investimenti nel Mezzogiorno;
m. l’eliminazione della detrazione del 55% per le eco-ristrutturazioni.
In sintesi, la manovra presentata dal Governo Berlusconi-Tremonti non ha il fine di migliorare gli obiettivi di deficit e debito pubblico in risposta alle turbolenze europee ed internazionali o per tener conto di un quadro macroeconomico peggiore di quello ipotizzato nella Nota di Aggiornamento al Programma di Stabilità e Crescita inviato a Bruxelles a gennaio 2010.
La Relazione Unificata per l’Economia e la Finanza Pubblica, 6 maggio 2010, afferma in modo chiaro che “gli obiettivi programmatici di indebitamento netto restano fermi al 3,9% del Pil per il 2011 e al 2,7% per il 2012 …. il mantenimento degli obiettivi individua una manovra correttiva sul saldo primario pari, in termini cumulati, a circa 1,6 punti percentuali di Pil nel biennio 2011-2012”.
La manovra non ha neppure il fine di recuperare, come avviene per gli altri principali Paesi europei e gli Usa, le risorse dedicate al salvataggio del sistema bancario o gli interventi anti-ciclici attuati dal Governo. Per una serie di ragioni, le banche italiane non hanno avuto bisogno di capitali pubblici e gli interventi anti-ciclici, nonostante i 10 decreti di finanza pubblica realizzati da giugno 2008 ad oggi, sono stati assenti.
Pertanto, la manovra è necessaria a compensare scelte elettorali ed errori, mentre negli altri Paesi Ocse gli interventi straordinari sono necessari a compensare salvataggi bancari e politiche anti-crisi pari, in media, a 3-4 punti percentuali di Pil. Insomma, la manovra poteva essere evitata attraverso una strategia riformista e una responsabile e accorta gestione della finanza pubblica.
Una manovra senza crescita
Il difetto principale della manovra è l’assenza di una strategia di crescita nella quale collocarla.
La “cultura della stabilità”, tardivamente scoperta dal Ministro Tremonti, viene posta in alternativa alla “cultura della crescita sostenibile”. Così, il Ministro dell’Economia continua a far coincidere la politica economica con la politica di bilancio.
Non può funzionare. La politica di bilancio è parte della politica economica. Soprattutto, l’errore fondamentale della politica economica del Governo sta nell’inversione delle variabili “vincolo” con le variabili “obiettivo”.
Il controllo della finanza pubblica è stato assunto come obiettivo della politica economica, mentre doveva essere considerato come vincolo in relazione all’obiettivo della crescita.
L’inversione implica che, per il Ministro dell’Economia, lasciare aumentare la spesa per acquisti di beni e servizi di 14 miliardi nel biennio alle nostre spalle (+12% a fronte di una contrazione del Pil nominale di quasi 2 punti percentuali) è equivalente al blocco degliinvestimenti pubblici e allo svuotamento degli incentivi agli investimenti delle imprese. Ovviamente, ai fini dell’impatto sull’economia reale e sulla produttività, non è così.
Insomma, nel rispetto degli aggiustamenti di finanza pubblica, sarebbe stato (e continua ad essere) necessario puntare sulla crescita, non solo e non tanto in termini anti-ciclici, quanto in termini strutturali, ossia per aggredire i nodi che da un quarto di secolo determinano la caduta della nostra produttività totale dei fattori.
Non è stato un errore tecnico. È stata conseguenza di una cultura politica dominata dalla sfiducia nell’Italia civile ed innovativa, dalla declinazione dell’intervento pubblico in economia in forme discrezionali e dirigiste, per “comprare” o estorcere consenso ad interessi particolaristici più che a migliorare le condizioni di contesto e ad attuare interventi selettivi di politica industriale ancorati a principi generali. Insomma, un minimalismo corporativo a salvaguardia di rendite di posizione e alle cieche convenienze di interessi di corto respiro.
Le politiche per la crescita non possono essere promosse soltanto a livello nazionale. Anzi, gli sforzi nazionali rischiano di essere frustrati se permane un indirizzo di politica economica europea mercantilistico e deflattivo, ossia la “linea” imposta dalla Germania all’area euro.
È necessario impegnare il Governo italiano affinché promuova nell’Unione Europea e nell’area euro una linea alternativa per un’Europa federalista della crescita e del lavoro. Vuol dire accompagnare le misure emergenziali e difensive decise a Bruxelles il 10 maggio scorso con un’offensiva per:
•un'effettiva e stringente regolazione e vigilanza federale dei mercati finanziari per disciplinare hedge funds, fondi sovrani, attività; speculative degli intermediari finanziari;
•un "Piano Europeo per il Lavoro", finanziato con eurobonds, per costruire infrastrutture strategiche, sostenere programmi di ristrutturazione industriale, politica industriale, ricerca ed innovazione;
•il rafforzamento del mercato unico secondo le linee guida elaborate nel recente "Rapporto Monti";
•un coordinamento contro la competizione fiscale al ribasso, per il contrasto ai paradisi fiscali, per una financial transaction tax contro i movimenti finanziari speculativi;
•l'apertura, in sede WTO, di una discussione sugli standard sociali ed ambientali minimi per gli scambi di merci e servizi e un border tax adjustment.
In sintesi, la Strategia Europa 2020, approvata a marzo dal Consiglio Europeo, è superata e va radicalmente ridefinita sia sul piano degli obiettivi, che sul piano della governance.
Una manovra sbagliata e ingiusta
La manovra è profondamente iniqua. Non solo perché interviene in modo indiscriminato sul pubblico impiego, negando alla radice l’incentivazione del merito, dimezzando il numero dei lavoratori a tempo determinato o con contratti di collaborazione e bloccando il turn-over senza distinguere le specificità e le diversissime esigenze di ciascun ambito (ad esempio, non solo la scuola e la sanità sono in condizioni diversissime rispetto ad altre amministrazioni, ma anche all’interno del comparto scuola e sanità le differenze sono rilevantissime).
La manovra è profondamente iniqua perché i tagli ciechi alla spesa colpiscono in misura insufficiente gli sprechi e le inefficienze, mentre tagliano in modo insostenibile i diritti dei cittadini, dei lavoratori, degli studenti, dei pensionati, delle micro e piccole imprese. In particolare, peseranno i tagli ad alcuni capitoli del Bilancio dello Stato (ad esempio, ordine pubblico e sicurezza, infrastrutture, risorse per Fas, ecc.) ed i brutali tagli ai trasferimenti a Regioni, Province e Comuni.
Le Regioni a statuto ordinario sono chiamate ad uno sforzo impossibile in quanto i 4,5 miliardi di minori trasferimenti all’anno previsti si scaricheranno su una quota intorno al 15% dei bilanci regionali, dato che la stragrande maggioranza delle risorse intermediate dalle Regioni è dedicata alla spesa sanitaria.
I Comuni, già soffocati dai vincoli “stupidi” del Patto di Stabilità Interno introdotti nell’estate 2008, dovranno ridurre ancora di più sia la spesa per investimenti, sia i servizi sociali. In sostanza, gli interventi sugli enti territoriali, decisi in modo iper-centralistico dal Governo nazionale, determineranno meno risorse per la scuola, per il diritto allo studio, per l’integrazione al reddito dei disoccupati, per l’assistenza agli anziani, per il trasporto pubblico locale, per il sostegno alle imprese, per l’edilizia pubblica.
In alternativa alla diminuzione delle risorse, Regioni, Province e Comuni saranno costrette ad aumentare imposte e tariffe. Il percorso è anticipato dalla possibilità riconosciuta al Comune di Roma di introdurre, tra l’altro, un’imposta di soggiorno ed un’imposta sugli imbarchi aerei.
In generale, la manovra contiene misure incidenti sulla condizione economica dei cittadini: ad esempio la facoltà riconosciuta alle concessionarie autostradali di aumentare i pedaggi, con aggravi fino al 25%, o l’assoggettamento al pedaggio anche dei raccordi autostradali gestiti dall’ANAS.
Le scelte iper-centralistiche sugli enti territoriali pregiudicano l’avvio del federalismo responsabile e solidale. La manovra, infatti, attraverso il taglio dei trasferimenti a Regioni, Province e Comuni limita lo spazio finanziario e getta le basi per una definizione minimale dei livelli essenziali delle prestazioni di cittadinanza.
Apre la porta, quindi, ad un federalismo differenziato ad esclusivo vantaggio delle realtà più ricche del Paese.
A tal proposito, va rimarcato l’ulteriore aggravamento dell’iniquità territoriale nella politica di bilancio del Governo.
Il “centralismo nordista” del Governo continua a sottrarre risorse alle regioni meridionali. La prima forte sottrazione, circa 2 miliardi, è stata effettuata per compensare i costi della completa eliminazione del taglio dell’ICI. Altri 500 milioni, destinati ad investimenti in Calabria e Sicilia, sono stati usati a copertura di spesa corrente. Sopratutto, le risorse Fas sono state utilizzate per ogni ordine di spesa corrente e spesso per far fronte ad esigenze di carattere ordinario. In totale, i tagli e le preallocazioni improprie sono stati pari a circa 19 miliardi di euro (risultanti per 13,7 miliardi dai tagli indicati nella delibera CIPE n. 112/2008 e, per i restanti 5,3 miliardi, da preallocazioni previste da leggi successive).
Nella manovra le risorse Fas vengono ulteriormente ridotte di 2,6 miliardi di euro nel triennio 2011-2013. La possibilità riconosciuta alle regioni meridionali di azzerare l’Irap sulle nuove imprese è puramente virtuale, dato che è completamente a carico delle medesime regioni le quali, come ricordato, sono soffocate dai tagli dei trasferimenti e rischiano, anche a causa del debito nella Sanità, di dover aumentare l’Irap, oltre che l’addizionale Irpef.
La manovra è profondamente iniqua anche perché non viene chiesto alcun contributo a quanti negli ultimi anni hanno beneficiato di un’enorme redistribuzione di reddito e ricchezza. I redditi milionari ed i grandi patrimoni, esempio estremo il Signor Silvio Berlusconi, non contribuiscono neanche con un euro al “sacrificio necessario a salvare la Patria”. La tassazione aggiuntiva del 10% sui bonus superiori almeno a tre volte l’importo della retribuzione fissa dei manager delle banche è l’ennesima presa in giro dato che, dopo gli interventi della Banca d’Italia, non esistono più mix retributivi simili.
Infine, la manovra è profondamente iniqua perché le misure anti-evasione sono una retromarcia parziale e contraddittoria. Innanzitutto, va ricordata la tolleranza attiva dell’evasione praticata dal Governo Berlusconi-Tremonti.
Al di là delle citazioni del Berlusconi d’annata, il favore all’evasione è evidente nei 18 condoni fiscali, contributivi ed edilizi fatti dal 2001 al 2006 e ripresi in questa legislatura. Inoltre, è evidente anche nella cancellazione delle misure anti-evasione introdotte dal Governo Prodi nella scorsa legislatura.
Infine, è evidente nel mega-condono per i capitali evasi e trasferiti all’estero (il famoso “scudo fiscale”) a prezzi di favore (5% rispetto a circa il 50% dovuto negli altri Paesi), con garanzia di anonimato e sospensione dell’obbligo di segnalazione anti-riciclaggio per gli intermediari finanziari.
A proposito di risultati raggiunti dal Governo Berlusconi- Tremonti nella lotta all’evasione, la contabilità è falsa. Infatti, non si può fare solo riferimento agli incassi da accertamenti, ma si deve guardare all’andamento dei comportamenti dei contribuenti, ossia alla fedeltà fiscale (tax compliance).
In sostanza, negli ultimi 2 anni abbiamo avuto +1 in maggiori incassi da accertamenti e -10 a causa della caduta della fedeltà fiscale. L’andamento del gettito Iva è crollato del 10%, mentre i consumi sono rimasti stabili in termini nominali. Non c’è nessun caso analogo in Europa e, come noto, l’Iva è l’apripista dell’evasione.
Non a caso, nel 2009 e 2010 il crollo delle imposte dirette sul reddito ha superato le pur pessimistiche previsioni del Ministero dell’Economia.
A conferma della retromarcia del Governo viene indicata la re-introduzione della tracciabilità dei pagamenti.
A tal proposito, va ricordato che il Governo Prodi aveva introdotto 2 misure distinte: la soglia dei 5.000 euro in funzione antiriciclaggio (abolita dal Governo Berlusconi nel giugno 2008 ed ora re-introdotta) e la soglia, in graduale riduzione da 1.000 a 100 euro, esclusivamente per i pagamenti dei professionisti (ossia, non si applicava per l’acquisto delle scarpe). Per far seriamente la lotta all’evasione, la retromarcia di Tremonti dovrebbe anche riguardare il ripristino delle sanzioni all’evasione accertata (dimezzate nell’estate del 2008) e l’eliminazione della protezione dai controlli fiscali assicurata agli oltre 200.000 grandi evasori che hanno beneficiato dello scudo fiscale a prezzi stracciati.
Inoltre, per recuperare almeno in minima parte il gettito perduto, il “mitico” redditometro propagandato dall’Agenzia delle Entrate, dovrebbe essere applicato anche agli accertamenti sugli anni precedenti al 2009: non si vede perché l’amministrazione dovrebbe privarsi di tale potente strumento per accertare il passato.
Infine, non va dimenticato che l’evasione si combatte anche con le politiche industriali e per la competitività delle imprese, insomma con le riforme per la crescita, non solo con i controlli ed i vincoli.
Per rendere credibile, quindi efficace, la retromarcia del Governo Berlusconi-Tremonti nella lotta all’evasione, andrebbe eliminato ogni spazio ai condoni. Invece, la manovra contiene, nonostante le smentite ufficiali, il rischio di condono per gli “immobili fantasma” e per possibili abusi da realizzare entro il 31 dicembre 2010.
Una manovra strutturalmente debole
La manovra, oltre che orfana di una strategia per la crescita e profondamente iniqua, è anche poco strutturale.
Innanzitutto, le correzioni di spese ed entrate si riferiscono ad andamenti tendenziali (ossia a “legislazione vigente”, senza tener conto degli effetti della manovra in discussione) che sono irrealistici.
È irrealistico, viste le serie storiche, assumere per il triennio 2010-2012 la sostanziale invarianza delle spese per acquisti di beni e servizi.
È altrettanto irrealistico prevedere una crescita delle imposte dirette ed indirette con un’elasticità al Pil superiore ad 1, dati i risultati nettamente inferiori conseguiti nel 2008 e 2009 a causa dell’allargamento dell’area dell’evasione.
All’irrealismo dello scenario base, si somma l’irrealismo delle correzioni definite nella manovra. In particolare, sono completamente fuori misura le previsioni di recupero di evasione. Anzi, si deve sottolineare il mutato atteggiamento della Ragioneria Generale dello Stato che, con un’inversione di 180 gradi rispetto alla posizione, corretta, avuta nella scorsa legislatura, ha considerato valide le previsioni di entrata (per alcuni miliardi di euro all’anno) conseguenti all’ “effetto deterrenza”.
Oltre alle valutazioni irrealistiche, i risparmi previsti nella manovra sono in diversi e rilevanti casi di carattere una tantum. Si tratta, ad esempio, della sospensione degli scatti di anzianità nel pubblico impiego per i settori per i quali è previsto il recupero alla fine del triennio.
Si tratta, almeno in parte, data l’assenza di radicali interventi di ristrutturazione e ri-organizzazione mirata, del blocco del turn-over, della cancellazione di metà dei contratti di lavoro a tempo determinato e dei tagli per le spese delle pubbliche amministrazioni centrali e territoriali.
Le proposte del Pd per la crescita ed il lavoro
Le proposte del Pd si incentrano su misure per la crescita, per il lavoro e per l’equità. Senza sostegno alla crescita, al lavoro, e attenzione all’equità non vi può essere risanamento sostenibile dei conti pubblici.
Gli interventi si concentrano su 4 assi: I) riforme fiscali, per spostare il carico dal lavoro e dall’impresa ai redditi evasi e ai redditi da capitale.
Il baricentro della riforma fiscale è la tassazione di tutti i redditi con un’aliquota di riferimento al 20% a cominciare dalla prima aliquota Irpef, poiché un euro di reddito da lavoro o d’impresa non può essere tassato più di un euro di reddito da capitale o di rendita.
Negli emendamenti alla manovra, intendiamo realizzare i primi passi della riforma.
Per innalzare il tasso di attività femminile, sostenere il potere d’acquisto delle famiglie, migliorare la competitività delle imprese e qualificare la crescita, proponiamo di:
•aumentare le detrazioni d’imposta per le donne lavoratrici in nuclei famigliari con figli a carico;
•introdurre, gradualmente, un contributo annuale di 3000 euro all’anno per ogni figlio fino alla maggiore età, a cominciare dalla fascia 0-3 anni, esteso anche ai lavoratori autonomi e professionisti;
•eliminare i tetti ed il click day all’utilizzo dei crediti d’imposta per le spese in ricerca e sviluppo e per gli investimenti nel Mezzogiorno;
•innalzare la franchigia Irap per le piccole imprese;
•innalzare i limiti di fatturato e patrimonio per il “forfettone fiscale” e rivedere gli Studi di Settore;
•re-introdurre la detrazione d’imposta del 55% per le eco-ristrutturazioni e per il risparmio energetico e ripristinare il mercato dei “certificati verdi”;
II) allentamento del Patto di Stabilità Interno per evitare a Regioni, Province e Comuni pesanti tagli agli investimenti, in particolare per la messa a norma degli edifici scolastici e per la green economy, ai servizi sociali, alle politiche di sostegno delle piccole imprese e del lavoro autonomo; III) integrazione delle risorse per la scuola, articolazione degli interventi per il contenimento dei costi nel pubblico impiego, in particolare per i giovani precari, revisione degli interventi sugli enti di ricerca pubblici; riforma del sostegno al reddito per i giovani disoccupati da lavori precari; IV) riavvio delle liberalizzazioni nel settore dell’energia, della distribuzione, dei servi bancari, dei servizi professionali, del trasporto pubblico.
Per coprire gli interventi per la crescita, il lavoro e l’equità, il Pd propone le seguenti misure: 1. “piani industriali” specifici ed interventi per la riorganizzazione e l’efficienza delle pubbliche amministrazioni:
•cancellazione delle normative in deroga per gli appalti, in particolare la gestione in deroga per la Protezione Civile;
•revisione del progetto per il Ponte sullo Stretto di Messina;
•razionalizzazione delle società pubbliche o partecipate da Stato, Regioni, Province e Comuni;
•razionalizzazione degli uffici delle amministrazioni centrali sul territorio;
•centralizzazione degli acquisti;
•revisioni dei programmi di spesa del Ministero della Difesa ed eliminazione della società Difesa SpA;
•razionalizzazione sedi universitarie;
razionalizzazione corpi di polizia;
•razionalizzazione dei livelli di governo territoriale;
•riduzione mirata del numero di dirigenti pubblici;
•abbassamento dei costi della politica attraverso la riduzione del numero dei parlamentari e la specializzazione delle Camere;
2. il contrasto all’evasione fiscale e contributiva:
•riduzione a 2.000 euro del limite per la fatturazione elettronica;
•accertamento sintetico da redditometro potenziato a partire dal 2005;
•accesso selettivo alle informazioni bancarie;
•neutralizzazione dei patrimoni condonati dallo “scudo fiscale” ai fini dell’accertamento ed innalzamento dell’aliquota di regolarizzazione;
•ripristino delle sanzioni per l’evasione accertata come vigenti a maggio 2008;
3. l’allineamento della tassazione dei redditi da capitale (inclusi i redditi da locazione ed esclusi i titoli del debito pubblico) su un’aliquota del 20% e, in coordinamento con la riforma federalista, la destinazione delle imposte sui redditi da capitale immobiliare al finanziamento dei Comuni; l’introduzione e/o innalzamento delle tasse su consumi ed attività produttive ad elevato impatto ambientale;
4. l’asta per l’assegnazione delle frequenze liberate dal digitale terrestre ed il passaggio delle pubbliche amministrazioni all’utilizzo dei software open source.
Dalle ronde ai tagli: il bluff della sicurezza

3,5 miliardi in meno alle Forze dell'ordine in due anni e una manovra che ridurrà ulteriormente risorse e organici: ecco come il governo difende i cittadini. Il PD: "Durissima opposizione in parlamento e contro-proposte già pronte"
Da circa due anni è il più fragoroso leit motiv del governo, quello che ha fatto vincere elezioni importanti, quello che alimenta la paura dei cittadini e alla fine si risolve in poche chiacchiere e due spot. Parliamo della sicurezza, un concetto abusato e pubblicizzato che oggi deve scontrarsi con l’incoerenza di tagli pesanti.
Il governo delle ronde (tra l’altro bocciate pochi giorni fa dalla Corte costituzionale) e del poliziotto di quartiere si piega al volere del ministro “mani di forbice” Giulio Tremonti e si abbatte come una furia sui comparti delegati alla sicurezza. La manovra in corso di approvazione ha scatenato le ire delle forze del’ordine, che da nord a sud sono scese in piazza per protestare.
Le motivazioni del dissenso sono sotto gli occhi di tutti. il taglio lineare del 10% delle spese utili a garantire i servizi quotidiani delle forze di polizia; il congelamento degli avanzamenti economici legati alle progressioni di carriera per gli anni 2011-2012-2013 (compresi assegni funzionali e scatti); il blocco dei rinnovi contrattuali fino all' anno 2013; il blocco delle finestre previste per essere collocati in quiescenza; il blocco del reddito per tre anni, per cui un poliziotto non potrà superare dal 2011 in poi la retribuzione complessiva dell'anno precedente con ricadute pesantissime sulla possibilità di garantire i servizi di ordine e sicurezza pubblica; le modifiche del sistema di calcolo della liquidazione a partire al 2011 con gravi penalizzazioni per i pensionati prossimi e futuri. Queste misure afflittive si aggiungono alle decurtazioni della precedente finanziaria che tagliava alla sicurezza 3, 5 miliardi di euro in tre anni.
Di questi 1, 5 miliardi (1 miliardo nel 2008 e 500 milioni nel 2009) venivano sottratti alle forze di Polizia, privando il comparto di migliaia di unità, da aggiungere al già conclamato deficit di 9000 elementi. In quell’occasione il governo della sicurezza era riuscito in un’impresa epocale: far scendere in piazza tutti e 23 i sindacati delle forze dell’ordine. Oggi è a un passo dal ripetere quel prodigio.
Il Partito Democratico combatte da settimane per impedire che la manovra venga approvata in queste condizioni. Emanuele Fiano, responsabile Sicurezza della Segreteria PD, afferma: “La manovra imporrà nuovi e pesanti tagli ad un settore vitale come quello della sicurezza, a cui il governo Berlusconi in questi due anni ha già fatto pagare prezzi pesanti in termini di risorse. Eppure la sicurezza è un servizio chiave per i cittadini e gli uomini che vi lavorano nelle diverse forze hanno dimostrato, malgrado i tagli, una straordinaria abnegazione”. Poi, parlando dell’incontro tra il PD, i sindacati di polizia e i Cocer, abbiamo rincara: “abbiamo avuto la conferma della drammaticità della situazione. Per questo voglio confermare il nostro pieno impegno per tradurre in emendamenti alla manovra le proposte avanzate dai rappresentanti dei lavoratori del settore. A questi voglio aggiungere due proposte del Pd che saranno nostre battaglie in Parlamento e fuori. La prima è quella di utilizzare i 770 milioni, che il governo vorrebbe re-incamerare, per un’una-tantum economica destinata ai 450mila lavoratori della sicurezza. La seconda è, invece, l’idea di reintrodurre nella I commissione di Camera e Senato un comitato per la Sicurezza che sottolinei la specificità di questo settore all'interno delle materie trattate dalle commissioni per gli Affari istituzionali”.
LE REGIONI CONTRO LA MANOVRA


I governatori: "Restituiremo al governo le nostre competenze. Errani: “l'insieme delle competenze regionali valgono oltre 3 miliardi di euro mentre il taglio previsto nel 2011 è di oltre 4 miliardi di euro"
“Le Regioni sono pronte a restituire le competenze relative al decreto legislativo 112 Bassanini allo Stato”. A nome di tutti i governatori, così il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Vasco Errani ha annunciato la forte protesta delle amministrazioni locali contro la manovra dei tagli voluta dal governo.
Queste le competenze che verrebbero restituite allo Stato: il trasporto pubblico locale, il mercato del lavoro, la polizia amministrativa, gli incentivi alle imprese, la Protezione Civile, il servizio maregrafico, il demanio idrico, l'energia e le miniere, i trasporti, gli invalidi civili, la salute, le opere pubbliche, l'agricoltura, la viabilità e l'ambiente.
"Tutto questo perché - ha spiegato Errani - l'insieme di queste competenze valgono oltre 3 miliardi di euro mentre il taglio previsto nel 2011 è di oltre 4 miliardi di euro".
La decisione finale verrà presa nella prossima convocazione straordinaria della Conferenza Stato-Regioni. “Chiederemo un incontro al premier Berlusconi e ai presidenti di Camera e Senato per illustrare la nostra posizione. Poi informeremo il presidente della Repubblica".
Colpisce il fatto che la protesta sia unanime, senza nessun distinguo di carattere politico. "Di fronte ad un ministero del tesoro così virtuoso secondo il quale è possibile garantire il trasporto pubblico anche con questi tagli, noi ci leviamo il cappello e diciamo: caro governo riprenditi quelle competenze stabilite dalle Bassanini". A parlare è stato il Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni che di certo non si può definire legato all'opposizione. "Giudichiamo irricevibile - ha affermato Formigoni - questa pretesa del ministero delle finanze di tagliare in maniera indiscriminata i fondi per le regioni e quindi di tagliare i servizi che le regioni non sarebbero più in grado di garantire ai cittadini. Per questo chiediamo che il governo si riprenda la gestione diretta di queste funzioni. Sia quindi il governo a gestire il trasporto pubblico locale, gli aiuti alle imprese e alle famiglie poichè il ministero sembra convinto che treni, autobus e fondi per le imprese si possano garantire decurtando di oltre un terzo le risorse". "Il nostro - ha aggiunto - è un gesto di grande trasparenza e va nella direzione di formulare delle proposte rispettando i saldi. Il ministero è convinto che si può gestire meglio, lo faccia ma noi siamo convinti che questa manovra se rimanesse inalterata provocherebbe tagli ai servizi insostenibili".
Per Davide Zoggia, responsabile enti locali del Pd, “il governo ha trovato nelle regioni il capro espiatorio perfetto su cui scaricare accuse di ogni genere. Si faccia chiarezza come chiede Vasco Errani in modo da togliere al ministro dell’Economia ogni pretesto per non assumersi la responsabilità dei tanti errori compiuti in questi due anni. L’irremovibilità di Tremonti verrà pagata dai cittadini in termini di riduzione dei servizi senza avere, peraltro, benefici reali per la nostra economia. Soprattutto sarà archiviata qualsiasi ipotesi di assetto federale. Stupisce, in questo dibattito, l’assenza della Lega che da campione del federalismo, si ritrova ad assistere impotente a quanto accade, ingabbiata nelle sue contraddizioni di partito sempre meno di rottura”.
Claudio Martini, responsabile politiche del territorio Pd, “la protesta delle regioni è sacrosanta al pari della richiesta di un confronto vero con il Governo che fa l’opposto di ciò che chiede la domanda federale. E’ insostenibile che la manovra pesi prevalentemente sulle regioni, un unicum in Europa dove anche chi fa tagli più duri dei nostri non incide così duramente sui poteri decentrati. In questo scenario l’idea di una verifica seria e non demagogica sulla spesa delle regioni è giusta e
doverosa. Basta con le provocazioni che fanno delle regioni l’entità ove si annida lo spreco. Fare chiarezza è nell’interesse di tutti. Si faccia una verifica che accerti come, dove e chi spende al fine di colpire le vere inadempienze. E’ inverosimile che Tremonti sostenga che nei ministeri si
risparmia e che ora tocchi alle regioni proprio quando nella sua relazione tecnica si evidenzia esattamente l’opposto: le regioni risparmiano e lo stato spende”.
Michele Ventura, vicepresidente vicario dei deputati del PD commentando la decisione della conferenza dei governatori, ha dichiarato che “con la decisione delle Regioni di restituire allo Stato le competenze affidate al territorio con il federalismo amministrativo, la cosiddetta legge Bassanini che ha davvero aperto la strada del decentramento, la verità viene definitivamente a galla. L’era della propaganda federalista e della verità centralista realizzata da questo governo Pdl-Lega è finita”.
“Impossibilitati a continuare a gestire per i tagli di questa manovra il trasporto locale, il mercato del lavoro, la viabilità, la protezione civile, gli incentivi, alle imprese, i presidenti delle Regioni ne restituiscono allo Stato la responsabilità. Fine del Federalismo e fine delle bugie - conclude Ventura - perché le mani nelle tasche dei cittadini stanno per essere messe e pesantemente e l’unica cosa che vuole fare il governo è scaricarne sugli Enti locali la responsabilità”.
A.Dra
sabato 3 luglio 2010
MANOVRA FINANZIARIA: INSEGNANTI E POLIZIOTTI PAGANO, BERLUSCONI NO

Questa manovra è ingiusta e recessiva, e non può essere corretta: va riscritta. Perché manca un richiamo forte al Paese, a uno sforzo comune dove chi ha di più dia di più.
Non può essere che un professore o un poliziotto ci mette mille euro e un grande possidente, come Berlusconi, non paga nulla. Non può essere che alla fine il Paese è meno equo e meno ricco.
Non può essere che le fasce deboli paghino oggi e per sempre.
Secondo me almeno una decina di miliardi di manovra sono dovuti a errori del governo: Alitalia, Ici, lotta all’evasione allentata, voli di stato aumentati, spese dei grandi eventi, sgravi sugli straordinari mentre la gente era in cassa integrazione, e corruzione, tanta corruzione.
Quanto ci è costato tutto questo?
Bisogna puntualizzare che noi Democratici non siamo contro una manovra finanziaria ora perché sappiamo che è necessaria. Siamo contro questo tipo di manovra. Come riscriverla? Con il contributo dell’opposizione e guardando a i più deboli non ai ricchi: il problema è sempre quello!
A mio avviso sono tre i pilastri di una proposta democratica:
fisco più leggero per le famiglie deboli,
anticipo del federalismo,
interventi per lo sviluppo.
Dove prendere i soldi?
Magari mettendo le mani nelle tasche dei grandi proprietari, con la tassazione sulle rendite (esclusi i Bot) a livello europeo. Possibile che in Inghilterra Cameron possa portare l’aliquota dal 18 al 28% e da noi non si possa far nulla?
Ancora: mettendo a gara le frequenze Tv. Reintroducendo le misure antievasione di Visco.
E le banche? A loro non si chiede nulla? Non vogliamo una tassa, che pagherebbero i ma vogliamo mettere il potere nelle mani dei consumatori, eliminando ad esempio il massimo scoperto.
venerdì 2 luglio 2010
VOGLIONO IL BAVAGLIO ANCHE A SOLOFRA

COMUNICATO STAMPA

SOLIDARIETA' ALLA CGIL DI SOLOFRA
Il Partito Democratico Circolo di Solofra esprime alla CGIL sentimenti di sincera vicinanza e solidarietà per il grave atto intimidatorio subito.
Siamo certi che la CGIL non si lascerà condizionare, continuando nella sua azione, come testimonia la storia di questo sindacato che, con le sue lotte a difesa dei diritti dei lavoratori e dei più deboli, ha sempre contribuito, insieme alle altre forze sociali e sindacali, alla crescita democratica, civile, sociale ed economica della nostra Città.
Come non ricordare il patto sociale degli anni ’70 e ’80 con il suo confronto serio, profondo, aspro, duro ma sempre civile, propositivo e costruttivo? La CGIL, presente, in quegli anni, su ogni aspetto della vita democratica e civile di Solofra, è stata tra i protagonisti di quel patto sociale.
Oggi si assiste, sempre più spesso, anche attraverso il linguaggio e la comunicazione, ad atti e gesti dal sapore intimidatorio che puntano ad affievolire ed indebolire la dialettica democratica.
Raccogliendo l’insegnamento di quella storia, l’episodio di oggi sia l’occasione per riprendere, tutti, il filo di un ragionamento e di un’azione politico-sociale che faccia uscire ognuno dal proprio cortile, in modo da essere una rete democratica a servizio del progresso di questa comunità.
Partito Democratico Circolo di Solofra
SIGNORI, ECCO LA POLITICA
Il peggiore analfabeta è l’analfabeta politico.
Egli non sente, non parla, né s’importa
degli avvenimenti politici.
Egli non sa che il costo della vita,
il prezzo dei fagioli, del pesce,
della farina, dell’affitto,
delle scarpe e delle medicine
dipendono dalle decisioni politiche.
L’analfabeta politico è così somaro
che si vanta e si gonfia il petto
dicendo che odia la politica.
Non sa l’imbecille che
dalla sua ignoranza politica
nasce la prostituta,
il bambino abbandonato,
l’assaltante
e il peggiore di tutti i banditi,
che è il politico imbroglione,
il mafioso corrotto,
il lacchè delle imprese nazionali
e multinazionali.
Bertold Brecht
giovedì 1 luglio 2010
SILVIO CRESCE E L'ITALIA MUORE

Come insegnante mi sento avvilito se penso che il governo HA TAGLIATO sulla Scuola in tre anni, 2008/2011, oltre 100.000 posti (docenti, ata, collaboratori...) mentre in altri paesi si investe su questo segmento educativo.
Non si è mai vista in alcun paese una simile macelleria sociale.
Vabbè, andiamoci a rileggere un vecchio post (Il segreto di Pulcinella).
NOI SIAMO PER L'INFORMAZIONE LIBERA

A Roma stanno manifestando in piazza Navona contro chi vuol mettere il bavaglio all'informazione. Sono con loro idealmente. Lottiamo contro chi copre ancora i segreti di Stato, chi alimenta le cricche di Stato, chi intasca le tangenti di Stato.
Noi siamo per una informazione libera, sempre e a tutti i livelli, perché è l'informazione che fa la differenza tra un paese libero e un altro prigioniero delle caste e dei farabutti.
Che Stato è questo? E' cumm'a nu brutto suonno! Bisogna uscirne, al più presto...
Ma non è un incubo anche a Solofra?
DOBBIAMO RASSEGNARCI?
No, nel modo più assoluto, dobbiamo reagire, mantenere sempre viva la fiamma della speranza. Vedrete che passerà e avremo una città di nuovo bella e prosperosa. Ma dobbiamo impegnarci, perché per avere le cose belle occorre lavorarci tutti i giorni, anche alimentando la fiducia: nel prossimo, nelle istituzioni, nel dialogo, nella buona politica.
Ecco cosa sta facendo il PD a Solofra, sta lavorando con pazienza e serietà al cambiamento, non si chiude nelle segrete stanze ma anzi vuole aprire alle altre forze del centrosinistra e soprattutto alle persone di buona volontà.
Guardate che la buona politica la fa queste persone, in modo silenzioso, mansueto, umile ma con grande tenacia.
Quei politici che lavorano solo al proprio tornaconto prima o poi la pagheranno, le strade della democrazia sono lastricate di questi poveri uominicchi e quaqquaraquà. Dobbiamo aver fiducia in quelle persone che non smarriscono la retta via, la strada che porta al cambiamento, dobbiamo lottare con essi per far risorgere questa preziosa città.
Solofra merità una rinascità!
martedì 29 giugno 2010
NON FACCIAMOCI INTIMORIRE
L'ACQUA NON SI TOCCA!
E SOLOFRA?

COSA HA IN MENTE FIAT?

FATE I BRAVI O SI VA IN POLONIA
di Maurizio Maggi e Luca Piana
Lavorare la notte e il sabato. L'ultimatum della Fiat per raddoppiare la produzione mette i sindacati nell'angolo. E lancia una sfida all'Italia intera
Ha prodotto veramente tanto e bene. Per questo lo stabilimento della Fiat Auto Poland di Tychy, pur essendo considerato dal capo della Fiat Sergio Marchionne un modello per l'intero gruppo, sarà l'unico a dover rallentare il ritmo nell'ambizioso piano strategico 2010-2014 presentato a Torino il 21 aprile. Per i sindacalisti italiani dell'auto, specie per quelli della Fiom-Cgil, Tychy è un mezzo inferno. E spesso la pasionaria dello stabilimento, Wanda Strozyk di Solidarnosc, ne ha tratteggiato le difficili condizioni. "Nel 2009 lassù hanno lavorato quasi tutti i sabati e parecchie domeniche, con la fabbrica impegnata spesso su 21 turni settimanali", racconta Marco Lomio della Uilm. Eppure, nell'ultimo incontro del Cae, il Comitato aziendale europeo di cui fanno parte i rappresentanti degli impianti del gruppo nel Vecchio Continente, i più arrabbiati erano proprio i due inviati polacchi. "Non ci dovete togliere la produzione della Panda", ha gridato l'indomita Strozyk picchiando i pugni sul tavolo. "E noi a ricordargli", dice Lomio, "che in cambio daranno loro da costruire la nuova Lancia Ypsilon e che in Italia si chiude lo stabilimento di Termini Imerese". Un semplice episodio, perfetto per mettere sul tappeto le più stridenti contraddizioni della globalizzazione, della durezza del lavoro in fabbrica, dello sfuocato sogno di una solidarietà senza confini fra tute blu.
Quando a Tychy partì la produzione della 500, che ha contribuito a fare dello stabilimento polacco la punta di diamante della Fiat, una parte del sindacato locale sperava di coinvolgere gli operai italiani, brasiliani e turchi in un'iniziativa globale per aumentare i salari della Fiat Poland. Non solo non se ne fece nulla. Da allora a Tychy non ci sono stati scioperi. Perché ai 500, 600 o 800 euro netti mensili - a seconda dei livelli d'inquadramento - magari corroborati da un premio annuo di 2 mila euro (come quello che si sono portati a casa mediamente gli operai polacchi grazie al 2009 da record), in Slesia non vuole rinunciare nessuno, anche a costo di lavorare 42 sabati e 11 domeniche, come nel 2009.
In Polonia l'orario di lavoro legale è di 48 ore e la retribuzione lorda media di un'operaio Fiat è di 11 mila e 580 euro, rispetto ai 24 mila dell'Italia (differenza che scende molto se si tiene conto del reale potere d'acquisto). In Brasile, altro caposaldo della new Fiat, l'orario è di 44 ore e la retribuzione media di 13 mila e 140 euro (fonte: l'azienda). In Turchia le relazioni industriali sono ancora all'età della pietra e c'è persino qualche fazione che si rifà ai Lupi grigi, anche se lavorare nello stabilimento di Bursa è un vanto: se ti infortuni, non sei fuori, come accade nella fiorentissima industria tessile locale, ci sono l'assicurazione sul lavoro e il sindacato.
È alle fabbriche italiane che il piano strategico chiede di mettersi ventre a terra. Così come, al di là dell'Oceano, è stato già chiesto a una Chrysler brutalmente ridimensionata dai dolorosi tagli prodromici al rilancio sponsorizzato da Barack Obama. Sono state chiuse le fabbriche di Fenton, Missouri, e del Delaware e l'organico è sceso da 54 a 47 mila unità. Ma con il 55 per cento della Chrysler in mano al sindacato, Marchionne si è comunque assicurato la pace sociale per un bel po'.
Nasce dunque all'estero la sfida che la Fiat ha lanciato ai sindacati italiani. La scommessa è raddoppiare la produzione domestica nel giro di cinque anni, portandola dalle 650 mila vetture del terribile 2009 al milione e 400 mila previsto per il 2014. Data per scontata la chiusura di Termini Imerese, la contropartita è la richiesta, per gli altri, della massima flessibilità.
Quando il mercato tira, Marchionne chiede alle linee di montaggio di lavorare su tre turni di 8 ore, senza fermarsi la notte e il sabato. Non che oggi queste possibilità siano escluse, anzi. "A questi ritmi però, anche a causa della crisi, si avvicinano solo Melfi e lo stabilimento in Val di Sangro, mentre dall'estate Cassino dovrebbe passare da 10 a 15 turni la settimana, con la possibilità di raggiungere i 18 se le vendite correranno", dice Roberto Di Maulo capo del sindacato autonomo Fismic. "Il vero senso della richiesta di Marchionne è cambiare i turni a seconda del mercato, senza impedimenti: nel 2005 Melfi fece una lunga lotta contro il superamento dei 18 turni, che la Fiat voleva per star dietro al lancio della Grande Punto. Da allora però non ha mai più raggiunto quei livelli produttivi", spiega Di Maulo.
L'ESPRESSO 15 GIUGNO 2010
SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA!
finalmente è stato scoperto il segreto del consenso a Berlusconi.
E' la scarsa educazione civile e democratica degli italiani cui va bene il partito della democrazia autoritaria.
domenica 27 giugno 2010
GIOVANI FATEVI SOTTO!!!!

sabato 26 giugno 2010
mercoledì 23 giugno 2010
COMINCIA UNA NUOVA STAGIONE
mercoledì 21 aprile 2010
Direttivo del 21 aprile
La discussione è stata pregna e significativa, hanno partecipato tutti mettendo in risalto il carattere di forte impegno che ci contraddistingue. Il partito c'è (eccome!) e si dà anche da fare. Ci sono, infatti, diverse iniziative in cantiere che ci permetteranno di far conoscere alla città la nostra posizione sui temi esposti e le proposte che vogliamo mettere in campo.
Ogni sera il Circolo è aperto e ci incontriamo senza ulteriori convocazioni.
lunedì 19 aprile 2010
Incontro con Franco Vittoria

domenica 18 aprile 2010
PROPOSTE DEMOCRATICHE
Bollette d'acqua salatissime

Riflessione sulle elezioni regionali 2010
Si DIMEZZA il DIFFERENZIALE
fra CENTRODESTRA e CENTROSINISTRA
Il voto del PD
Il risultato del PD è complessivamente del 27,4% nelle 13 regioni al voto. Questo si calcola aggiungendo al 26,1% delle liste del PD l’1,3% conseguito dalle liste del presidente legate ai candidati del PD (escluse quindi la lista Bonino e quella per Vendola).
Rispetto al voto delle scorse elezioni europee, nelle quali il PD aveva raggiunto in queste stesse regioni il 26,6%, alle regionali vi è una crescita dello 0,8%.
La Lega – per fare un paragone – vanta un grande successo per essere cresciuta dell’1%. Mentre l’Idv cala dello 0,8%. In un quadro di grande frammentazione, quindi, PD e Lega sono gli unici grandi partiti che hanno il segno +.
Il voto del Pdl
Il Pdl ha ottenuto con le sue liste il 27,4%. A questo va aggiunto un 3,3 % delle liste collegate ai candidati dello stesso partito (compresa la lista Polverini nel Lazio): il totale è 30,9%, con una perdita del 4,4% rispetto al risultato delle europee nelle stesse regioni. E’ questo il risultato più eclatante, numericamente e politicamente.
Differenziale centrodestra-centrosinistra
Un anno fa la distanza tra centrodestra e centrosinistra (parliamo delle due coalizioni tradizionali, non sommando in nessun caso l’Udc) era di sei punti, con il centrodestra al 49% contro il centrosinistra al 43%.
Oggi quel differenziale si è praticamente dimezzato, siamo infatti 46 a 43.
La Lega ha recuperato solo in piccola parte (pari all’1%) la perdita di oltre il 4% del Pdl.
La lettera a Berlusconi di Roberto Saviano
Lo scrittore: "Assurdo preferire il silenzio, Berlusconi si scusi con le vittime". "Non so se Mondadori è ancora adatta a me"
di ROBERTO SAVIANO
Presidente Silvio Berlusconi,
le scrivo dopo che in una conferenza stampa tenuta da lei a Palazzo Chigi sono stato accusato, anzi il mio libro è stato accusato di essere responsabile di "supporto promozionale alle cosche". Non sono accuse nuove. Mi vengono rivolte da anni: si fermi un momento a pensare a cosa le sue parole significano. A quanti cronisti, operatori sociali, a quanti avvocati, giudici, magistrati, a quanti narratori, registi, ma anche a quanti cittadini che da anni, in certe parti d'Italia, trovano la forza di raccontare, di esporsi, di opporsi, pensi a quanti hanno rischiato e stanno tutt'ora rischiando, eppure vengono accusati di essere fiancheggiatori delle organizzazioni criminali per il solo volerne parlare. Perché per lei è meglio non dire. è meglio la narrativa del silenzio. Del visto e taciuto. Del lasciar fare alle polizie ai tribunali come se le mafie fossero cosa loro. Affari loro. E le mafie vogliono esattamente che i loro affari siano cosa loro, Cosa nostra appunto è un'espressione ancor prima di divenire il nome di un'organizzazione. Io credo che solo e unicamente la verità serva a dare dignità a un Paese. Il potere mafioso è determinato da chi racconta il crimine o da chi commette il crimine?Il ruolo della 'ndrangheta, della camorra, di Cosa nostra è determinato dal suo volume d'affari - cento miliardi di euro all'anno di profitto - un volume d'affari che supera di gran lunga le più granitiche aziende italiane. Questo può non esser detto? Lei stesso ha presentato un dato che parla del sequestro alle mafie per un valore pari a dieci miliardi di euro. Questo significa che sono gli scrittori ad inventare? Ad esagerare? A commettere crimine con la loro parola? Perché? Michele Greco il boss di Cosa Nostra morto in carcere al processo contro di lui si difese dicendo che "era tutta colpa de Il Padrino" se in Sicilia venivano istruiti processi contro la mafia. Nicola Schiavone, il padre dei boss Francesco Schiavone e Walter Schiavone, dinanzi alle telecamere ha ribadito che la camorra era nella testa di chi scriveva di camorra, che il fenomeno era solo legato al crimine di strada e che io stesso ero il vero camorrista che scriveva di queste storie quando raccontava che la camorra era impresa, cemento, rifiuti, politica.
Per i clan che in questi anni si sono visti raccontare, la parola ha rappresentato sempre un affronto perché rendeva di tutti informazioni e comportamenti che volevano restassero di pochi. Perché quando la parola rende cittadinanza universale a quelli che prima erano considerati argomenti particolari, lontani, per pochi, è in quell'istante che sta chiamando un intervento di tutti, un impegno di molti, una decisione che non riguarda più solo addetti ai lavori e cronisti di nera. Le ricordo le parole di Paolo Borsellino in ricordo di Giovanni Falcone pronunciate poco prima che lui stesso fosse ammazzato. "La lotta alla mafia è il primo problema da risolvere ... non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione ma un movimento culturale e morale che coinvolga tutti e specialmente le giovani generazioni le spinga a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale della indifferenza della contiguità e quindi della complicità. Ricordo la felicità di Falcone quando in un breve periodo di entusiasmo mi disse: la gente fa il tifo per noi. E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l'appoggio morale dà al lavoro dei giudici, significava soprattutto che il nostro lavoro stava anche smuovendo le coscienze". Il silenzio è ciò che vogliono. Vogliono che tutto si riduca a un problema tra guardie e ladri. Ma non è così. E' mostrando, facendo vedere, che si ha la possibilità di avere un contrasto. Lo stesso Piano Caserta che il suo governo ha attuato è partito perché è stata accesa la luce sull'organizzazione dei casalesi prima nota solo agli addetti ai lavori e a chi subiva i suoi ricatti. Eppure la sua non è un'accusa nuova. Anche molte personalità del centrosinistra campano, quando uscì il libro, dissero che avevo diffamato il rinascimento napoletano, che mi ero fatto pubblicità, che la mia era semplicemente un'insana voglia di apparire. Quando c'è un incendio si lascia fuggire chi ha appiccato le fiamme e si dà la colpa a chi ha dato l'allarme? Guardando a chi ha pagato con la vita la lotta per la verità, trovo assurdo e sconfortante pensare che il silenzio sia l'unica strada raccomandabile. Eppure, Presidente, avrebbe potuto dire molte cose per dimostrare l'impegno antimafia degli italiani. Avrebbe potuto raccontare che l'Italia è il paese con la migliore legislazione antimafia del mondo. Avrebbe potuto ricordare di come noi italiani offriamo il know-how dell'antimafia a mezzo mondo. Le organizzazioni criminali in questa fase di crisi generalizzata si stanno infiltrando nei sistemi finanziari ed economici dell'occidente e oggi gli esperti italiani vengono chiamati a dare informazioni per aiutare i governi a combattere le organizzazioni criminali di ogni genealogia. E' drammatico - e ne siamo consapevoli in molti - essere etichettati mafiosi ogni volta che un italiano supera i confini della sua terra. Certo che lo è. Ma non è con il silenzio che mostriamo di essere diversi e migliori.Diffondendo il valore della responsabilità, del coraggio del dire, del valore della denuncia, della forza dell'accusa, possiamo cambiare le cose.Accusare chi racconta il potere della criminalità organizzata di fare cattiva pubblicità al paese non è un modo per migliorare l'immagine italiana quanto piuttosto per isolare chi lo fa. Raccontare è il modo per innescare il cambiamento. Questa è l'unica strada per dimostrare che siamo il paese di Giovanni Falcone, di Don Peppe Diana, e non il paese di Totò Riina e di Schiavone Sandokan. Credo che nella battaglia antimafia non ci sia una destra o una sinistra con cui stare. Credo semplicemente che ci sia un movimento culturale e morale al quale aspirare. Io continuerò a parlare a tutti, qualunque sarà il credo politico, anche e soprattutto ai suoi elettori, Presidente: molti di loro, credo, saranno rimasti sbigottiti ed indignati dalle sue parole. Chiedo ai suoi elettori, chiedo agli elettori del Pdl di aiutarla a smentire le sue parole. E' l'unico modo per ridare la giusta direzione alla lotta alla mafia. Chiederei di porgere le sue scuse non a me - che ormai ci sono abituato - ma ai parenti delle vittime di tutti coloro che sono caduti raccontando. Io sono un autore che ha pubblicato i suoi libri per Mondadori e Einaudi, entrambe case editrici di proprietà della sua famiglia. Ho sempre pensato che la storia partita da molto lontano della Mondadori fosse pienamente in linea per accettare un tipo di narrazione come la mia, pensavo che avesse gli strumenti per convalidare anche posizioni forti, correnti di pensiero diverse. Dopo le sue parole non so se sarà più così. E non so se lo sarà per tutti gli autori che si sono occupati di mafie esponendo loro stessi e che Mondadori e Einaudi in questi anni hanno pubblicato. La cosa che farò sarà incontrare le persone nella casa editrice che in questi anni hanno lavorato con me, donne e uomini che hanno creduto nelle mie parole e sono riuscite a far arrivare le mie storie al grande pubblico. Persone che hanno spesso dovuto difendersi dall'accusa di essere editor, uffici stampa, dirigenti, "comprati". E che invece fino ad ora hanno svolto un grande lavoro. E' da loro che voglio risposte.Una cosa è certa: io, come molti altri, continueremo a raccontare. Userò la parola come un modo per condividere, per aggiustare il mondo, per capire. Sono nato, caro Presidente, in una terra meravigliosa e purtroppo devastata, la cui bellezza però continua a darmi forza per sognare la possibilità di una Italia diversa. Una Italia che può cambiare solo se il sud può cambiare. Lo giuro Presidente, anche a nome degli italiani che considerano i propri morti tutti coloro che sono caduti combattendo le organizzazioni criminali, che non ci sarà giorno in cui taceremo. Questo lo prometto. A voce alta.
la Repubblica - ©2010 Roberto Saviano/Agenzia Santachiara








