
FATE I BRAVI O SI VA IN POLONIA
di Maurizio Maggi e Luca Piana
Lavorare la notte e il sabato. L'ultimatum della Fiat per raddoppiare la produzione mette i sindacati nell'angolo. E lancia una sfida all'Italia intera
Ha prodotto veramente tanto e bene. Per questo lo stabilimento della Fiat Auto Poland di Tychy, pur essendo considerato dal capo della Fiat Sergio Marchionne un modello per l'intero gruppo, sarà l'unico a dover rallentare il ritmo nell'ambizioso piano strategico 2010-2014 presentato a Torino il 21 aprile. Per i sindacalisti italiani dell'auto, specie per quelli della Fiom-Cgil, Tychy è un mezzo inferno. E spesso la pasionaria dello stabilimento, Wanda Strozyk di Solidarnosc, ne ha tratteggiato le difficili condizioni. "Nel 2009 lassù hanno lavorato quasi tutti i sabati e parecchie domeniche, con la fabbrica impegnata spesso su 21 turni settimanali", racconta Marco Lomio della Uilm. Eppure, nell'ultimo incontro del Cae, il Comitato aziendale europeo di cui fanno parte i rappresentanti degli impianti del gruppo nel Vecchio Continente, i più arrabbiati erano proprio i due inviati polacchi. "Non ci dovete togliere la produzione della Panda", ha gridato l'indomita Strozyk picchiando i pugni sul tavolo. "E noi a ricordargli", dice Lomio, "che in cambio daranno loro da costruire la nuova Lancia Ypsilon e che in Italia si chiude lo stabilimento di Termini Imerese". Un semplice episodio, perfetto per mettere sul tappeto le più stridenti contraddizioni della globalizzazione, della durezza del lavoro in fabbrica, dello sfuocato sogno di una solidarietà senza confini fra tute blu.
Quando a Tychy partì la produzione della 500, che ha contribuito a fare dello stabilimento polacco la punta di diamante della Fiat, una parte del sindacato locale sperava di coinvolgere gli operai italiani, brasiliani e turchi in un'iniziativa globale per aumentare i salari della Fiat Poland. Non solo non se ne fece nulla. Da allora a Tychy non ci sono stati scioperi. Perché ai 500, 600 o 800 euro netti mensili - a seconda dei livelli d'inquadramento - magari corroborati da un premio annuo di 2 mila euro (come quello che si sono portati a casa mediamente gli operai polacchi grazie al 2009 da record), in Slesia non vuole rinunciare nessuno, anche a costo di lavorare 42 sabati e 11 domeniche, come nel 2009.
In Polonia l'orario di lavoro legale è di 48 ore e la retribuzione lorda media di un'operaio Fiat è di 11 mila e 580 euro, rispetto ai 24 mila dell'Italia (differenza che scende molto se si tiene conto del reale potere d'acquisto). In Brasile, altro caposaldo della new Fiat, l'orario è di 44 ore e la retribuzione media di 13 mila e 140 euro (fonte: l'azienda). In Turchia le relazioni industriali sono ancora all'età della pietra e c'è persino qualche fazione che si rifà ai Lupi grigi, anche se lavorare nello stabilimento di Bursa è un vanto: se ti infortuni, non sei fuori, come accade nella fiorentissima industria tessile locale, ci sono l'assicurazione sul lavoro e il sindacato.
È alle fabbriche italiane che il piano strategico chiede di mettersi ventre a terra. Così come, al di là dell'Oceano, è stato già chiesto a una Chrysler brutalmente ridimensionata dai dolorosi tagli prodromici al rilancio sponsorizzato da Barack Obama. Sono state chiuse le fabbriche di Fenton, Missouri, e del Delaware e l'organico è sceso da 54 a 47 mila unità. Ma con il 55 per cento della Chrysler in mano al sindacato, Marchionne si è comunque assicurato la pace sociale per un bel po'.
Nasce dunque all'estero la sfida che la Fiat ha lanciato ai sindacati italiani. La scommessa è raddoppiare la produzione domestica nel giro di cinque anni, portandola dalle 650 mila vetture del terribile 2009 al milione e 400 mila previsto per il 2014. Data per scontata la chiusura di Termini Imerese, la contropartita è la richiesta, per gli altri, della massima flessibilità.
Quando il mercato tira, Marchionne chiede alle linee di montaggio di lavorare su tre turni di 8 ore, senza fermarsi la notte e il sabato. Non che oggi queste possibilità siano escluse, anzi. "A questi ritmi però, anche a causa della crisi, si avvicinano solo Melfi e lo stabilimento in Val di Sangro, mentre dall'estate Cassino dovrebbe passare da 10 a 15 turni la settimana, con la possibilità di raggiungere i 18 se le vendite correranno", dice Roberto Di Maulo capo del sindacato autonomo Fismic. "Il vero senso della richiesta di Marchionne è cambiare i turni a seconda del mercato, senza impedimenti: nel 2005 Melfi fece una lunga lotta contro il superamento dei 18 turni, che la Fiat voleva per star dietro al lancio della Grande Punto. Da allora però non ha mai più raggiunto quei livelli produttivi", spiega Di Maulo.
L'ESPRESSO 15 GIUGNO 2010
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